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13 MAGGIO 2010 - SAN GIOVANNI IN CONCA

Dal web

San Giovanni in Conca - Milano

Descrizione
Presso le Raccolte d'Arte del Castello Sforzesco sono ricoverati gli affreschi strappati dalle pareti interne della chiesa: tra i più antichi rivestono notevole importanza, per l'alta qualità e per la generale scarsità di testimonianze superstiti della pittura milanese degli anni a cavallo fra Due e Trecento, l'Angelo annunciante e la Vergine annunciata, collocati in origine ai lati dell'arcone absidale. Strappati e trasportati su tela da Ottemi Della Rotta intorno alla metà del Novecento, i due affreschi sono caratterizzati da grande eleganza formale, abbondante uso della decorazione "a pastiglia" e ricercata ambientazione spaziale, sia pur con risultati spesso prospetticamente incoerenti.

L'anonimo responsabile di queste figure, ravvisabile anche in un'Ultima Cena in S. Agostino a Bergamo, testimonia la diffusione del gusto neoellenistico mediato da modelli veneziani nel clima raffinato della Milano viscontea.
L'arco trionfale e le pareti adiacenti della chiesa furono decorate, probabilmente intorno alla fine degli anni Cinquanta del Trecento e su committenza di Bernabò Visconti, con un ciclo di Storie di san Giovanni Evangelista di cui restano al Castello Sforzesco cinque frammenti con figure stanti isolate o raccolte in piccoli gruppi; le scene appaiono delimitate da larghe bande a motivi cosmateschi e girali vegetali a monocromo cui si aggiunge, in basso, un alto zoccolo illusionistico formato da una sequenza di finte scansie marmoree e da sottostanti specchiature, pure in finti marmi colorati; alcuni dei frammenti sono inoltre impreziositi da eleganti fondali architettonici, accuratamente definiti.
Questi elementi, uniti alla monumentale ampiezza e solennità delle figure, al plastico modellato dei panneggi, alla morbida definizione dei volti e all'uso di una tavolozza dai toni chiari e luminosi, sembrano collegare l'anonimo Maestro delle Storie di san Giovanni ai migliori esempi pittorici di matrice giottesca della Milano del terzo quarto del Trecento, in particolare ai frammentari affreschi del palazzo Arcivescovile, oltre che al mondo poetico e coloristico di Giusto de' Menabuoi.


Eccezionale testimonianza del rinnovamento "gotico" di S. Giovanni in Conca è il grandioso, celeberrimo monumento funerario di Bernabò Visconti (oggi al Castello Sforzesco), collocato in origine dietro l'altar maggiore della chiesa. Culmine dell'intera esperienza della scultura campionese, il complesso si compone di due elementi principali: la statua equestre di Bernabò, eseguita prima del 1363, e il sarcofago, sorretto da colonne e decorato sulle fronti da rilievi raffiguranti gli Evangelisti, l'Incoronazione della Vergine, la Crocifissione e la Pietà. Accanto al condottiero sono due rappresentazioni allegoriche della Fortezza e della Sapienza, mentre sul bordo del sarcofago poggiano due angeli reggitorcia (in origine quattro).


È opinione diffusa che il solo gruppo equestre, con le figure allegoriche che lo accompagnano, sia da attribuire a Bonino da Campione, mentre i rilievi del sarcofago, più tardi, spetterebbero alla sua bottega.

L'opera doveva dunque produrre in origine un effetto di incombente, violenta monumentalità apparendo, rifulgente d'oro e colore, nella buia abside della chiesa per la quale era stata concepita; cavallo e cavaliere hanno una fisicità intensa e ieratica, che conferisce loro grande solennità, come era probabilmente nei desideri dello stesso Bernabò.Stilisticamente l'opera rivela nella sensibilità per i tratti fisionomici del volto e nell'attenzione minuziosa per i dettagli - specie nella resa dell'armatura - la profonda matrice gotica della cultura di Bonino, memore dell'opera del pisano Giovanni di Balduccio (in S. Eustorgio).



La cripta accolse infine il monumento funebre della moglie di Bernabò, Regina della Scala, oggi al Castello Sforzesco. Del tipo a parete, il monumento è composto da un sarcofago a coperchio piatto sostenuto da robusti pilastrini ottagonali; il fronte della cassa è suddiviso in tre riquadri.Notizie storicheSul luogo di una domus romana sorse la basilica tardoantica, ad aula unica absidata, collegata dalle fonti più antiche alla figura di san Castriziano, vescovo di Milano nel III secolo.



La denominazione della chiesa ad concham è presente già nel testamento di Ansperto (879) e allude probabilmente alla leggera depressione del terreno in quella zona. Verso la fine dell'XI secolo furono realizzate l'abside e un'ampia cripta sottostante. Probabilmente intorno alla seconda metà del Duecento la chiesa assunse un nuovo assetto a tre navate, con copertura a capriate nella navata centrale e a crociera sulle laterali.



La struttura generale dell'interno presentava molte affinità con i cosiddetti impianti "a sala" tipici delle chiese abbaziali; a questo stesso modello si ispirava anche la facciata, realizzata verosimilmente nel medesimo periodo.



Nel Trecento la chiesa conobbe un periodo di rinnovato splendore: i Visconti la adottarono come cappella gentilizia, ornandola di dipinti e raffinate sculture. Nel 1531 fu concessa da Francesco II Sforza ai Carmelitani, che la ristrutturarono parzialmente aprendo in seguito alcune cappelle laterali, mentre un'ultima fase di rinnovamento avvenne in epoca barocca ad opera di Francesco Castelli (1662-68). Dopo la soppressione dell'ordine carmelitano (1782), fu chiusa definitivamente nel 1808 per essere adibita ad usi civili. Tra la fine dell'Ottocento e gli anni Cinquanta del Novecento la chiesa fu in gran parte demolita attraverso una serie di interventi successivi, per esigenze urbanistiche e di viabilità.S. Giovanni in Conca sopravvive oggi sul sito originario soltanto in minima parte; all'intersezione di via Albricci con piazza Missori funge ormai da inosservato spartitraffico il rudere della conca absidale, con la sottostante cripta. La prima, fortemente rimaneggiata, è in laterizio a vista con coronamento a piccoli fornici secondo il tipico modello milanese riscontrabile anche nelle basiliche milanesi di S. Ambrogio e S. Eustorgio; la cripta, suddivisa da dieci colonne in sette navatelle coperte a crociera, era in origine decorata con affreschi di carattere per lo più votivo, di cui sopravvivono alcuni frammenti, risalenti a diverse campagne decorative (prima metà del XII secolo e seconda del XIV), oggi conservati presso le Civiche Raccolte d'Arte del Castello Sforzesco. La facciata duecentesca, smontata alla fine dell'Ottocento, è stata utilizzata per realizzare il prospetto della chiesa valdese di via Francesco Sforza: in pietra e laterizio con ampio rosone centrale, monofore laterali "a vento" e portale con pseudoprotiro, appare stilisticamente aggiornata sul modello delle chiese abbaziali.Uso attuale: cripta: non utilizzatoUso storico: intero bene: destinazione originariaCondizione giuridica: proprietà Ente pubblico territoriale
Accessibilità: L'accesso alla cripta dal martedì al venerdì dalle 9 alle 12, sabato dalle 14.30 alle 17.30. Ingresso libero

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